Sono
l'avanguardia sono il crocevia, sono il progetto pilota di un
corpo che si avventa nell'aria incipriata di smog, sono il primo
a incassare il passaggio, dalla montagna alla città, sono
il primo a entrare nell'aria artefatta di gesti e parole, nelle
strade dove tutti dicono qualcosa, e mentre parlano sputano e
vomitano tutto lo smog che hanno respirato. Però lo fanno
con grazia, lo fanno con la bocca perché gli altri nasi
non vogliono saperne di mettersi in mezzo; quando guardo le altre
sagome umane e i miei consimili che se ne stanno appollaiati sulla
loro faccia, mi chiedo se quella gente abbia veramente un naso,
o è solo finto.
Di nasi che parlano ce ne sono pochi. Perché tutti gli
altri corpi preferiscono parlare dalle retrovie, dalle ciglia
pittate di nero e dalle palpebre rosa, o azzurre, dalle bocche
a forma di cuoricino che recitano parole coniate da grandi scienziati
e codificate; le parole non escono mai fuori dal cerchio, perché
ogni cerchio ha un codice suo e fuori, sarebbero stonate.
Gli altri nasi non sfilano mai lo smog dalle narici mentre camminano,
perché tengono padroni aggraziati, che lo rimpiazzano al
centro del cerchio come se fosse un bel regalo per un mondo in
pena. Io lo smog lo sfilo, anche per strada, negli uffici, lo
sbatto in faccia a quelli che alla mia padrona con quel naso brutto
la vogliono aiutare, lo vomito e faccio un gran rumore anche mentre
la padrona fa finta di farsi aiutare, e lo suono quando lei dorme
e nessuno parla, di notte, nel silenzio, si sente solo il mio
fischio stonato.
Io somiglio un po' a un cazzo con due buchi al posto dei coglioni.
Perciò il mio fischio stonato nessuno lo vuole sentire.
Fa venire la pelle d'oca, come il gessetto sulla lavagna.
La mia padrona è una pazza kamikaze. Mi dice di stare zitto
e poi parla lei, sempre fuori dal cerchio, e non dice mai le cose
giuste al posto giusto, però le botte alla fine non le
becca lei, le prendo io, che sono già tutto frantumato.
Quando si fa la guerra io sono sempre in trincea, sono un soldato
mandato in battaglia senza armi, non posso muovermi, nemmeno difendermi;
quando si vince nessuno mi pensa, le spalle prendono pacche e
abbracci, gli occhi servono lacrime di commozione per gli invitati,
le mani si stringono in pugno e si alzano, si biforcano le dita
in segno di vittoria, e io rimango solo. Nessuno viene a ringraziarmi
per aver rischiato le ossa.
La prima volta che i miei vicini verdi come il mare si sono posati
sul mio dorso spelacchiato dal sole, mi hanno detto: sei stonato.
Perché stonato? Ho risposto.
Con il tuo atto.
Eh?
Il tuo corpo spelacchiato che fischia è un atto. Il tuo
corpo è evidente, si sporge, fa un po' terrore a tutti
anche se pensa di non essere visto. Fa a botte, e il più
delle volte si è andato a frantumare.
Non sono io che faccio a botte, ho detto, è la mia padrona,
quella pazza kamikaze.
Non ti giustificare. Persino contro una vetrina di articoli musicali,
sei andato a sbattere.
Si, me la ricordo, la vetrina.
Il negozio era vuoto, così sembrava, la mia padrona si
è avventata a larghi passi verso l'interno proprio mentre
la porta si chiudeva. Bam! Sono rimasto appiccicato al vetro come
uno scimpanzé si aggrappa alle sbarre della sua gabbia.
Il negozio non era più vuoto. C'era un mucchio di sagome
in piedi e colorate che ridevano, e indicavano me come un bambino
allo zoo dice guarda, mamma, la scimmia. Non è una scimmia,
è uno scimpanzé, caro.
La mia padrona ha fatto la sostenuta, è entrata, e ha detto
niente, niente, e all'improvviso mi sono sentito femmina, con
le mestruazioni abbondanti, che colavano sulla moquette, allora
mi hanno coperto, nascosto, dentro un fazzoletto pieno di ghiaccio,
ma le mestruazioni non finivano anche se la mia padrona diceva
che era passato; ero gonfio, solo, mi hanno portato fuori perché
lì c'era la moquette e io sporcavo, come un cane al guinzaglio
mi hanno portato a spasso tra odori di carne sudata e di plastica,
nel caldo soffocante delle strade piene di luci che obbedienti
e contente gridavano: è festa, è Natale.
La gente per strada mi guarda come se fossi un tossico, mentre
la mia padrona con noncuranza mi porta a spasso. Salgo in un pullman
affollato, le bocche a cuoricini pure mi guardano, fanno una smorfia
e poi dicono: guarda gli occhi, che bel colore, sembra acqua,
guarda le lentiggini, la fanno sembrare una brava bambina, ma
il naso. E' stonato. La mia padrona lo sa che è colpa mia
e dice che un giorno mi ucciderà. Dice che sono il segno
evidente della sconfitta.
Sono contratto nella nebbia mucosa che mi avvolge, non sento più
niente, cosa succede fuori, sono gonfio di lacrime impastate nel
muco, nemmeno una commedia d'amore sceglierebbe mai uno schifo
del genere, poi di improvviso sento un risucchio. E' la mia padrona
che inghiottisce il muco come fosse una comparsa disdicevole a
mostrarsi. E' così che la mia unica possibilità
di piangere va a finire nell'esofago, la mia pena viene inghiottita
e io ho tanto male al dorso. A volte, quando il muco diventa troppo,
il mio pianto mucoso viene scaraventato in un fazzoletto piegato,
e poi buttato.
Sono l'unico soldato di questo strano esercito che non ha modo
di stabilire un contatto, con gli altri soldati come me. Gli occhi,
la bocca, le spalle non sono mai soli. Fanno l'amore, si guardano,
si baciano, si toccano, si abbracciano, fanno i trenini e un cordone
di sicurezza umano.
Io sto solo, e sogno un giorno di incontrare un altro naso come
me, ma poi non saprei come starci insieme, perché nessuno
fa l'amore con il naso.
Sono un diverso che non ha modo di accedere a gruppi di mutuo
aiuto, perché la diversità a volte può definire
un'appartenenza. Si riuniscono le mani che pregano, si riuniscono
gli occhi malati, si riuniscono le teste pensanti e i piedi in
marcia, si riuniscono le bocche e i sessi. Solo noi nasi non ci
uniamo mai. Sai che strazio, tutte noi voci nasali insieme! Ma
non succede. La nostra diversità, non da luogo a nessuna
appartenenza.
Però siamo liberi. Sogniamo. Anch'io sogno. Sogno un mondo
dove il mio fischio stonato sarà apprezzato, e si faranno
concorsi a premi solo per nasi, e si farà una collana di
racconti dove c'è anche il mio, una cazzata, veramente
libera. |