Una
bimba con le lentiggini sulle guance paffute e i capelli rossi,
un sorriso per cui a Roma le avrebbero dato dell'impunita, è
l'unica attrice umana della vicenda. I suoi genitori ci sono ma
appaiono solo di sfondo, sono la sua condizione fisica su questa
terra, ma non si vedono perché questa storia di corteggiamento
e amicizia si gioca quasi tutta sul terreno abituale della volpe,
la foresta. La bimba sa fin dal principio che non può addomesticare
una volpe, ma la sua decisa presenza e attesa di lei, con la pioggia,
la neve, o tra i fiori, è uno sforzo che viene ripagato.
La volpe le permette di seguirla.
La fiducia istantanea con cui la bimba si imbarca in avventure
che richiedono un coraggio mai sperimentato è il ponte
che le permette di avvicinarsi ancora di più a questa volpe,
che è il motivo o la motivazione di tanto coraggio; giorno
dopo giorno la bimba osserva l'attenzione che ha la volpe, sempre,
ha anche una conformazione delle orecchie diversa da quella umana,
è una cacciatrice e vive nella foresta: mangia e non ti
far mangiare. Vivendo a fianco a questa volpe, la bimba con i
suoi mezzi viene anche lei chiamata alla lotta; messa in pericolo
e nel timore di perdere la volpe prende il coraggio di cacciare
un branco di lupi intorno a lei. La volpe è salva e la
bimba impara a non fuggire dal pericolo e a difendere la volpe.
Conquistata la sua fiducia entra in casa sua, ma la casa della
volpe si inoltra troppo lontano da quella della bambina, si inoltra
in labirinti che solo la volpe conosce, e la volpe va via. La
bimba trovata l'uscita scopre anche la notte nella foresta. La
sua paura è accentuata dalla solitudine. Questa è
la prova che la volpe ha ottenuto per avvicinarsi a lei prima
dell'alba e dormirle accanto; ma questo causerà anche una
separazione punitiva per la bimba che non avrà il permesso
di uscire per una settimana. La volpe torna e le due sono più
affiatate che mai, sono amiche.
L'equilibrio tra i territori delle due è stabilito nel
mezzo, dove si incontrano.
Ma ora è la bimba che vuole che la volpe venga a sua volta
nella casa degli umani. La bimba accende un fuoco di cui la volpe
fiuta il pericolo, e prende a giocare con la sua fantasia come
se l'animale davanti a lei fosse una bambola da far recitare a
suo piacimento. Le mette un collare di straccio, con una corda
la lega, per gioco. E le chiede di seguirla in camera su per quelle
scale che seppur di legno per la volpe sono così insidiose,
inusuali. Entra, la bimba chiude la camera e la volpe ora è
davvero la sua bambola, in trappola, non può andare via,
come fa ogni volta. Ma la volpe non può essere addomesticata.
La porta chiusa e il collare sono le concause di un episodio tragico,
quasi la rappresentazione della follia circolare di un amore possesso
e della sua distruzione. Un episodio che insegna in un botto.
Ma con esso, non finisce la vita. La fiducia è ritrovata,
nella nuova consapevolezza di un amore che attende e accetta di
perdere, di un amore che lascia vivere e che ama, che sa dare
e ricevere senza catene, sa quanto sia innaturale il possesso,
il costringere un'anima a fare un gioco che non vuol fare, come
addomesticare una volpe. |