Lungo
via dei Tribunali i pedoni camminano a senso unico, come le
macchine. Incespicano tra sedie legate ai paletti, detersivi
e giocattoli straripati dai negozi, piante messe a far da
ringhiera a un balcone inventato in strada, motorini che spuntano
dai vicoli e chiacchiere e allucchi, galline e piccioni, bambini
e signore grassocce, tutti insieme dentro una corsa che non
ha nessuna fretta di arrivare.
Quando la facciata del Tribunale si fa più larga e
la via sta per terminare, si apre una piazzetta, sulla destra.
Qui i pedoni non camminano, stanno.
Qui le case si abbracciano, tanto sono strette in cerchio.
Guardano tutte verso il cartello Vendesi legato alla ringhiera
di un balcone vuoto. Le case lo guardano senza nessuna attesa,
nessuna curiosità, lo guardano perché è
lì e non possono fare altrimenti.
Sul cartello non c'è nessun numero o recapito, nemmeno
l'invito "rivolgersi al macellaio", nessuna indicazione
che favorisca una vendita. Dietro il cartello, il balcone
e le persiane chiuse, abita la famiglia Riccio.
Sono dedito stabilmente ai furti, ha detto Riccio, quando
gli hanno chiesto che mestiere facesse. Riccio ha trascorso
tre anni in carcere, poi è tornato. Da quando Riccio
è tornato il cartello Vendesi sul balcone vuoto è
l'unica cosa che le finestre intorno guardano.
Tutti lo sanno cos'è, glielo ha messo la moglie, perché
dice così non ti vengono a cercare, a casa. Qualcuno
maligna, dice che la moglie davvero spera di venderla, la
casa, con lui dentro, ma Riccio non va via, e il cartello
sembra più il monito continuo di una presenza, che
la promessa di una partenza.
Quando Riccio non c'è la piazza diventa mercato e si
riempie di gente, ma poi Riccio torna e non è puntuale,
così nessuno sa mai l'ora esatta e il mercato si ritira
in fretta.
Le grida del mercato, prima di ritirarsi, danno l'avviso:
Abbista abbista ca' l'acqua è 'nterra, vedite vedite,
ca' 'o viento è turnato. Si sentono i rumori di lucchetti,
porte che si chiudono, persiane che si abbassano, motori di
carretti che si mettono in moto e portano via la merce.
Il tabaccaio, proprio al centro di un lato della piazza, sorride
come fosse un cinese. Il suo negozio è dipinto di fresco,
vuoto di merce, da quando un incendio ne bruciò gli
scaffali, da allora divenne più piccolo, il negozio,
ed anche l'omino di testa calva e ciccia, divenne più
piccolo, dietro il bancone, ma il sorriso cortese al servizio
rimase, più intatto che mai.
Il giornalaio all'angolo è proprio di fronte alla casa
di Riccio. Il suo bugigattolo costipato di figure e giornali,
sembra una barca in mare aperto che abbia perso gli ormeggi.
Il giornalaio ha anche i capelli bianchi. Sembra proprio un
naufrago.
I bambini non si accorgono del mercato che si ritira e giocano
a imitare Riccio. C'è anche il figlio; quando il padre
non c'è il figlio è solo uno tra i bimbi, in
piazza, gioca e ride, come gli altri, più degli altri.
Le sue risate nel cerchio di amici sono il ghigno traditore
che gli serve, se non vuole rimanere solo.
Riccio torna e lo sorprende in piazza. Non dice niente. Neanche
il figlio dice niente. Ma il suo ghigno si contrae fino a
diventare una smorfia, sul volto.
Non è colpa sua se è figlio di Riccio: Figlio
per legge e per volere del Creatore.
Il figlio di Riccio scappa ogni tanto di casa, ma non fa mai
in tempo, si sentono i pianti e le urla della moglie, qualche
rumore nelle scale del civico, e la piazza ha appena il tempo
di guardare il corpicino bianco di un bambino di otto anni,
preso per la maglietta e riportato su. Si sentono altri rumori,
in casa. La moglie piange più forte.
Quando Riccio è in casa nessuno scende. La piazza diventa
un palco, le finestre un sipario chiuso, il giorno una commedia,
senza attori. Il pubblico, dietro le tendine ricamate e le
persiane chiuse, bisbiglia commenti e mette in scena quello
che il silenzio del palco non dice.
Va truvanno chi l'accide.
Ce fà venire a fieto o' campà.
T'arrecuorde quanno steva n' galera?
Zitti zitti ca' vedo l'ombra aderèto a fenesta.
Quanno a gatta nun c'è i surece abballano. Nessuno
sa da dove venga questa voce. Qualcuno pensa al Riccio. Prima
lo chiamavano o'pazzo. Pazz' e criature Dio l'ajuta, diceva
qualcuno. Poi hanno capito: non è pazzo, è solo
cattivo. Hanno capito, adesso, e lo chiamano solo il Riccio.
U maronna mia.
Che dè?
E' trasuta na' gatta.
Riccio esce dal portone del suo civico e guarda il gatto,
poi alza la testa e la voce: hanno aperte l'uocchie, e' gattille.
Il gatto è un cucciolo, col muso rosa e gli occhi ancora
chiusi. Si è accoccolato proprio al centro della piazza,
dove il sole di Marzo batte più forte.
I vicini dietro le persiane vorrebbero avere qualcos'altro
da chiudere, ma la voce di Riccio entra nelle case fino a
infiltrarsi nelle pareti come fosse murata viva.
Riccio prende il micio per il collo, lo sventola mostrando
il suo trofeo alle persiane ed agli stipiti chiusi, e lo lascia
andare, solo quando le grida sembrano quelle di un neonato,
quando le fiamme, dalle zampe posteriori si propagano su fino
al ventre senza peli.
Nessuno si avvicina più a carezzare un gatto, e il
giornalaio all'angolo, costretto nel suo bugigattolo all'aria
aperta, fa finta di non guardare, non sentire.
Il tabaccaio ha chiuso per lutto. Nessuno domanda chi è
morto.
Abballate, surece, che o' gatto se n'è juto. Grida,
Riccio, sotto al portone del suo civico, con la tazzina di
caffè in mano.
Qualcuno vorrebbe scendere e dire Riccio, pigliatella cu'
mmè e poi vedimmo, ma il coraggio non è figlio
della rabbia, non sempre, e poi si sa che le gambe al cane
non si possono raddrizzare, no.
Allora la piazza sta zitta e aspetta, che ci scappi il morto,
un morto che sciolga le catene alla legge, un morto fuori
la piazza che porti via Riccio per sempre, e il morto arriva,
è solo questione di tempo, ma Corso Umberto non lo
sapeva, che era di scena quel giorno. Ci è morto un
ragazzo, di ventidue anni.
Napoli è in prima pagina. Il giornalaio all'angolo
si accende una sigaretta e legge l'articolo: asciutto, dettagliato,
preciso, come il disincanto, come l'abitudine. Il giornalaio
tocca l'inchiostro sulla carta stampata, come si potesse cambiare
il destino di una città, solo toccando. Legge l'articolo
e piange.
Tutti sanno che è stato il Riccio. Nessuno parla. Una
coppia di sposi novelli si ferma sotto al balcone di Riccio,
guarda il cartello Vendesi e chiede ai negozianti rimasti
aperti. Nessuno sa niente, della casa che si vende, e i giovani
sono proprio cocciuti e non vanno via, vogliono vederla, la
casa, finché un uomo di mezza età col viso scuro
di alcool si rivolge al giovane sposo e gli dice: capo, so'
due stanze e un balcone, che ci sta da guardare?
E' il Riccio, qualcuno lo sente ma non lo teme, non più.
Si fossi 'a mugliera 'o cartiello c'ho mettessi 'ncopp 'o
piett'.
Riccio sente ma non risponde, perché lo sa, che è
solo questione di tempo, e la piazza non è già
più sua.
Lo prendono dopo un mese e lo mettono in cella di isolamento;
Riccio sente i manganelli i calci e gli sputi sulle sue gambe.
Riccio è tutta una vita che le sente appese al collo,
le botte, anche se da mani diverse. Si chiede quelle mani
pelose pesanti che c'entrano con la sua vita, ma non fa in
tempo a darsi una risposta, perché la vista gli si
intorpidisce e anche la testa gli sembra ovatta. Lo sollevano
come se fosse piuma e gli pendono una corda di lenzuolo al
collo, legano il lenzuolo alle sbarre della finestra in alto
e le mani che gli tengono le gambe si staccano e vanno via
da lui. Riccio ha solo il tempo di pensare: "che era
questione di tempo lo sapevo, ma 'ste mani pelose che schifo,
mi ricordano i gatti"; sente una stretta al petto, guarda
le spalle di uniforme blu andare via dietro la porta e muore. Dalla
piazza si sente un urlo di bimbo forte come di qualcuno che
avesse scoperto un tesoro. E' il figlio di Riccio.
Mamma, mamma, vieni a vedere, hanno ammazzato a papà.
La mamma si siede e guarda lo schermo in tv, poi si alza,
apre le persiane e fa entrare tutta la luce, esce sul balcone
e tira via il cartello Vendesi dalla ringhiera, e tutti capiscono,
allora: il cartello era una preghiera. Tutti capiscono anche
se nessuno sa quale dio ha risposto. Qualcuno dice che il
dio che se l'è preso deve avere le mani pelose, come
le zampe di un gatto.
Lungo la via dei Tribunali la vita continua e i pedoni camminano
a senso unico, come le macchine. |