Simm comm a l'ali e na palomma, sule stann astritte riuscimmo a vulà
CULTURA


LIBERTA' CONDIZIONATA

Racconto inserito in: 2006
La città difficile
Venti racconti da e per Napoli
a cura di Massimiliano Amato e Antonella Cilento
e del Laboratorio di Scrittura Lalineascritta

COLTURA
Lungo via dei Tribunali i pedoni camminano a senso unico, come le macchine. Incespicano tra sedie legate ai paletti, detersivi e giocattoli straripati dai negozi, piante messe a far da ringhiera a un balcone inventato in strada, motorini che spuntano dai vicoli e chiacchiere e allucchi, galline e piccioni, bambini e signore grassocce, tutti insieme dentro una corsa che non ha nessuna fretta di arrivare.
Quando la facciata del Tribunale si fa più larga e la via sta per terminare, si apre una piazzetta, sulla destra. Qui i pedoni non camminano, stanno.
Qui le case si abbracciano, tanto sono strette in cerchio. Guardano tutte verso il cartello Vendesi legato alla ringhiera di un balcone vuoto. Le case lo guardano senza nessuna attesa, nessuna curiosità, lo guardano perché è lì e non possono fare altrimenti.
Sul cartello non c'è nessun numero o recapito, nemmeno l'invito "rivolgersi al macellaio", nessuna indicazione che favorisca una vendita. Dietro il cartello, il balcone e le persiane chiuse, abita la famiglia Riccio.
Sono dedito stabilmente ai furti, ha detto Riccio, quando gli hanno chiesto che mestiere facesse. Riccio ha trascorso tre anni in carcere, poi è tornato. Da quando Riccio è tornato il cartello Vendesi sul balcone vuoto è l'unica cosa che le finestre intorno guardano.
Tutti lo sanno cos'è, glielo ha messo la moglie, perché dice così non ti vengono a cercare, a casa. Qualcuno maligna, dice che la moglie davvero spera di venderla, la casa, con lui dentro, ma Riccio non va via, e il cartello sembra più il monito continuo di una presenza, che la promessa di una partenza.
Quando Riccio non c'è la piazza diventa mercato e si riempie di gente, ma poi Riccio torna e non è puntuale, così nessuno sa mai l'ora esatta e il mercato si ritira in fretta.
Le grida del mercato, prima di ritirarsi, danno l'avviso: Abbista abbista ca' l'acqua è 'nterra, vedite vedite, ca' 'o viento è turnato. Si sentono i rumori di lucchetti, porte che si chiudono, persiane che si abbassano, motori di carretti che si mettono in moto e portano via la merce.
Il tabaccaio, proprio al centro di un lato della piazza, sorride come fosse un cinese. Il suo negozio è dipinto di fresco, vuoto di merce, da quando un incendio ne bruciò gli scaffali, da allora divenne più piccolo, il negozio, ed anche l'omino di testa calva e ciccia, divenne più piccolo, dietro il bancone, ma il sorriso cortese al servizio rimase, più intatto che mai.
Il giornalaio all'angolo è proprio di fronte alla casa di Riccio. Il suo bugigattolo costipato di figure e giornali, sembra una barca in mare aperto che abbia perso gli ormeggi. Il giornalaio ha anche i capelli bianchi. Sembra proprio un naufrago.
I bambini non si accorgono del mercato che si ritira e giocano a imitare Riccio. C'è anche il figlio; quando il padre non c'è il figlio è solo uno tra i bimbi, in piazza, gioca e ride, come gli altri, più degli altri. Le sue risate nel cerchio di amici sono il ghigno traditore che gli serve, se non vuole rimanere solo.
Riccio torna e lo sorprende in piazza. Non dice niente. Neanche il figlio dice niente. Ma il suo ghigno si contrae fino a diventare una smorfia, sul volto.
Non è colpa sua se è figlio di Riccio: Figlio per legge e per volere del Creatore.
Il figlio di Riccio scappa ogni tanto di casa, ma non fa mai in tempo, si sentono i pianti e le urla della moglie, qualche rumore nelle scale del civico, e la piazza ha appena il tempo di guardare il corpicino bianco di un bambino di otto anni, preso per la maglietta e riportato su. Si sentono altri rumori, in casa. La moglie piange più forte.
Quando Riccio è in casa nessuno scende. La piazza diventa un palco, le finestre un sipario chiuso, il giorno una commedia, senza attori. Il pubblico, dietro le tendine ricamate e le persiane chiuse, bisbiglia commenti e mette in scena quello che il silenzio del palco non dice.
Va truvanno chi l'accide.
Ce fà venire a fieto o' campà.
T'arrecuorde quanno steva n' galera?
Zitti zitti ca' vedo l'ombra aderèto a fenesta.
Quanno a gatta nun c'è i surece abballano. Nessuno sa da dove venga questa voce. Qualcuno pensa al Riccio. Prima lo chiamavano o'pazzo. Pazz' e criature Dio l'ajuta, diceva qualcuno. Poi hanno capito: non è pazzo, è solo cattivo. Hanno capito, adesso, e lo chiamano solo il Riccio.
U maronna mia.
Che dè?
E' trasuta na' gatta.
Riccio esce dal portone del suo civico e guarda il gatto, poi alza la testa e la voce: hanno aperte l'uocchie, e' gattille.
Il gatto è un cucciolo, col muso rosa e gli occhi ancora chiusi. Si è accoccolato proprio al centro della piazza, dove il sole di Marzo batte più forte.
I vicini dietro le persiane vorrebbero avere qualcos'altro da chiudere, ma la voce di Riccio entra nelle case fino a infiltrarsi nelle pareti come fosse murata viva.
Riccio prende il micio per il collo, lo sventola mostrando il suo trofeo alle persiane ed agli stipiti chiusi, e lo lascia andare, solo quando le grida sembrano quelle di un neonato, quando le fiamme, dalle zampe posteriori si propagano su fino al ventre senza peli.
Nessuno si avvicina più a carezzare un gatto, e il giornalaio all'angolo, costretto nel suo bugigattolo all'aria aperta, fa finta di non guardare, non sentire.
Il tabaccaio ha chiuso per lutto. Nessuno domanda chi è morto.
Abballate, surece, che o' gatto se n'è juto. Grida, Riccio, sotto al portone del suo civico, con la tazzina di caffè in mano.
Qualcuno vorrebbe scendere e dire Riccio, pigliatella cu' mmè e poi vedimmo, ma il coraggio non è figlio della rabbia, non sempre, e poi si sa che le gambe al cane non si possono raddrizzare, no.
Allora la piazza sta zitta e aspetta, che ci scappi il morto, un morto che sciolga le catene alla legge, un morto fuori la piazza che porti via Riccio per sempre, e il morto arriva, è solo questione di tempo, ma Corso Umberto non lo sapeva, che era di scena quel giorno. Ci è morto un ragazzo, di ventidue anni.
Napoli è in prima pagina. Il giornalaio all'angolo si accende una sigaretta e legge l'articolo: asciutto, dettagliato, preciso, come il disincanto, come l'abitudine. Il giornalaio tocca l'inchiostro sulla carta stampata, come si potesse cambiare il destino di una città, solo toccando. Legge l'articolo e piange.
Tutti sanno che è stato il Riccio. Nessuno parla. Una coppia di sposi novelli si ferma sotto al balcone di Riccio, guarda il cartello Vendesi e chiede ai negozianti rimasti aperti. Nessuno sa niente, della casa che si vende, e i giovani sono proprio cocciuti e non vanno via, vogliono vederla, la casa, finché un uomo di mezza età col viso scuro di alcool si rivolge al giovane sposo e gli dice: capo, so' due stanze e un balcone, che ci sta da guardare?
E' il Riccio, qualcuno lo sente ma non lo teme, non più.
Si fossi 'a mugliera 'o cartiello c'ho mettessi 'ncopp 'o piett'.
Riccio sente ma non risponde, perché lo sa, che è solo questione di tempo, e la piazza non è già più sua.
Lo prendono dopo un mese e lo mettono in cella di isolamento; Riccio sente i manganelli i calci e gli sputi sulle sue gambe. Riccio è tutta una vita che le sente appese al collo, le botte, anche se da mani diverse. Si chiede quelle mani pelose pesanti che c'entrano con la sua vita, ma non fa in tempo a darsi una risposta, perché la vista gli si intorpidisce e anche la testa gli sembra ovatta. Lo sollevano come se fosse piuma e gli pendono una corda di lenzuolo al collo, legano il lenzuolo alle sbarre della finestra in alto e le mani che gli tengono le gambe si staccano e vanno via da lui. Riccio ha solo il tempo di pensare: "che era questione di tempo lo sapevo, ma 'ste mani pelose che schifo, mi ricordano i gatti"; sente una stretta al petto, guarda le spalle di uniforme blu andare via dietro la porta e muore.

Dalla piazza si sente un urlo di bimbo forte come di qualcuno che avesse scoperto un tesoro. E' il figlio di Riccio.
Mamma, mamma, vieni a vedere, hanno ammazzato a papà. La mamma si siede e guarda lo schermo in tv, poi si alza, apre le persiane e fa entrare tutta la luce, esce sul balcone e tira via il cartello Vendesi dalla ringhiera, e tutti capiscono, allora: il cartello era una preghiera. Tutti capiscono anche se nessuno sa quale dio ha risposto. Qualcuno dice che il dio che se l'è preso deve avere le mani pelose, come le zampe di un gatto.
Lungo la via dei Tribunali la vita continua e i pedoni camminano a senso unico, come le macchine.

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Crediti e Contatti
© 2010 Francesca Picone