Contaminati
Qualcuno o più di uno, vestito di giallo pompiere, in un gesto di lampo dispetto rivalsa ripicca minaccia, qualcuno ha versato la miccia liquida sulla terra e l'ha accesa.
L'aria è una nube compatta e odora di gas. Rarefatta e mobile. Non si può uscire, senza contaminarsi.
Qualcuno resta in casa e fa comunità con gli altri rimasti in difesa in attesa di non so che. L'intervento dello Stato? Che tutto passi? L'immobile attesa non ha speranza. Si nutre di oggi. Ma la spesa già fatta prima che fosse non può durare. Quanto durerà la compromissione del fuori nessuno lo sa. Un mese. Sarebbe già troppo. Non c'è spesa che per due giorni. La casa comune raccoglie i cibi da posare sulla tovaglia come si fosse a un pic-nic e per miracolo o per magia si possano moltiplicare i cibi nella gioviale compagnia. Quanto può durare lo spazio che mette fra parentesi la noia? Quanto si può rimanere digiuni? Per quanti giorni?
Potrebbe, l'umanità, colta dall'improvvisa occasione, dalla situazione, imparare a non aver bisogno di cibo e nutrirsi del sole?
Per almeno un mese? Ma il sole chissà dov'è, per ora non si vede e neanche al di là del mese ci si aspetta che arrivi qualcosa, che succeda, che la casa sia raggiunta dai soccorsi. Bisogna che ci si salvi da soli, ognuno come può, e i più escono, che tanto non si può restare incontaminati da soli e la terra è tutta presa, però si può uscire dal fulcro, allontanarsi dall'epicentro.
L'aria odora di gas e per quanto ci si sposti si cerchi un frammezzo di vuoto nel gas diradato, non si può rimanere inerti, bisogna reagire, andare. Si esce da contaminati ci si contamina ogni secondo ogni respiro ogni pensiero ogni sguardo ogni passo, sia pure nel fuggire. E visto che il dado è tratto e questo è un fatto nessuno ci pensa più alle vesti che si intessono del malefico gas. C'è solo una pratica, a comandare, e ciascuno obbedisce. Il mezzo che ci porta via è fornito dallo Stato, quello sì, incontaminato. Ha i mezzi per portarci via, o lasciarci a piedi, se vuole. Così nell'attesa del tram nessuno protesta perché la stessa mano onnicida che ha infestato l'aria ha stretto chissà dove chissà quando la mano allo Stato, che ci salva, ci carica sul tram e ci porta nei quartieri bene, appena un po' lontani dal disastro. Se vuole. Arriva il tram. Destinazione Vomero; con una dicitura o con l'altra sono tutti destinazione Vomero. Le facce pacate come chi compie un dovere scontato sono già in piedi sul quattro ruote lungo come un verme che ci porterà lontano e mi accorgo che mi manca qualcosa, la borsa di lana rossa, lasciata indietro in fondo al campo piatto senza un albero, la si vede anche da qui e basta uno scatto per tornare a prenderla, salire con lei sul tram. Ci risono con la mia lana rossa in salto sulle porte arancioni giallognole che si stanno chiudendo e rimango a metà, per mezza dentro, l'altra metà fuori. Il mio divincolarmi ha il tono chiagnoso di un piagnisteo quando la bimba ha fame, e domanda, per favore, pappa allo Stato. Se vuole apre le porte, mi fa entrare con i piedi sul suo pavimento, se vuole. Il bottone spazientito è duro a premersi ma il conducente lo fa. Anche io dentro, in ridicola obbedienza, come tutti, contaminata. Direzione Vomero, andremo a vivere dove l'aria è talmente ostruita dai palazzi che non può passare con la stessa facilità con cui ingombra un campo, il malefico gas.